Rieccoci tutti a casa sani e salvi ma stanchissimi per il tantissimo lavoro fatto e per il viaggio di rientro massacrante.
E’ stata un’avventura che ha avuto anche un risvolto tragico dal momento che l’ultimo giorno, sull’aereo per il rientro ad Algeri, un passeggero che era stato imbarcato per essere trasportato urgentemente all’ospedale della capitale algerina è purtroppo deceduto.
Dopo mezz’ora di volo (l’aereo era partito con tre ore di ritardo per aspettare il paziente) è ritornato all’aeroporto di partenza da dove siamo ripartiti alle sei del mattino, il decollo era previsto per mezzanotte.
Al nostro arrivo nei campi profughi Saharawi il 24 dicembre la prima sorpresa, 15 pacchi sui 43 spediti non erano giunti a destinazione, così abbiamo dovuto aspettare tre giorni per iniziare il lavoro.
Nel frattempo abbiamo visitato alcuni accampamenti e portato circa 150 kg di medicinali all’ospedale del campo di Dakla che dista 150 km dal campo dove alloggiavamo.
Fortunatamente giovedì alle due del mattino è arrivato anche il materiale mancante e così di buon ora abbiamo iniziato i lavori per il ripristino di tutto l’impianto elettrico e dell’illuminazione delle varie stanze del laboratorio ottico.
I due tecnici ottici, partiti insieme al gruppo, intanto hanno riparato ed installato tutti i macchinari, hanno riordinato tutto il magazzino catalogando tutte le montature e le lenti in vetro già presenti e quelle portate da noi.
Il lavoro iniziava alle nove del mattino per terminare alle sette di sera con una piccola pausa di mezz’ora per il pranzo, la sera pur stanchissimi ci ritrovavamo tutti sotto una tenda e bevendo il tradizionale the ed al suono della chitarra contavamo e ridevamo finché gli occhi si chiudevano per il sonno.
Abbiamo passato un Natale ed un Capodanno unici ed indimenticabili, ammirando le stelle che all’orizzonte toccavano terra, pensando sempre al lavoro che ci attendeva la mattina seguente con il timore di non riuscire a terminarlo.
Ogni giorno era un’avventura, all’inaugurazione, come per magia, sono scomparse le forbici per tagliare il nastro tricolore e così ci siamo dovuti arrangiare con un coltellaccio comunque ben affilato.
A lavoro terminato e dopo aver mangiato chili di sabbia e polvere pulendo tutto il laboratorio, abbiamo ammirato con orgoglio quello che avevamo realizzato.
Non è stato facile far convivere quotidianamente diciotto persone con abitudini e caratteri diversi, ma grazie all’intelligenza e maturità di tutti non è mai nato nessun battibecco, anzi tutti quanti abbiamo scherzato e riso facendoci battute a vicenda, tutti avevamo lo stesso obbiettivo da raggiungere e a quell’obbiettivo erano focalizzati i nostri pensieri.
Non sono mancati i brindisi con un buon vino e grappa nostrani portati dal bel Friuli, il salame che ci accompagnava si è dimostrato al quanto scarso così da farci tirare solo tanta gola, ma era da mettere in preventivo prima della partenza, che tutto non poteva filare liscio.
Ora per tutti i diciotto “matti” ricomincia la quotidianità con il lavoro di sempre e con un occhio rivolto sempre all’orologio, con il telefono all’orecchio e le code ai semafori.
A pensarla bene già ci manca il deserto…